Armonici e suoni strumentali “timbrici”

Sicuramente, tutti coloro che si occupano di musica hanno spesso sentito parlare di suoni armonici e, magari, hanno anche imparato a produrli sui loro strumenti, ma senza avere la piena consapevolezza di cosa fossero e del perchè il loro suono fosse così diverso da quello delle note “tradizionali”.

In questo articolo, cercherò di spiegare cos’è un suono e quali caratteristiche possiede, ponendo l’accento sugli armonici e sulla loro funzione fondamentale. Il lettore capirà cos’è il timbro e perchè vari strumenti suonano in modo diverso e acquisirà le basi dell’armonia classica, capendo perchè gli accordi (in particolare, maggiori) sono formati in un certo modo piuttosto che un altro.

Corde di una chitarra in vibrazione mentre producono suoni basati sulla sovvrapposizione di armonici.

Che cosa è il suono?

Immaginate di percuotere la superficie di un tamburo. La pella che la costituisce possiede un elevato livello di elastacità, pertanto, l’applicazione di una forza impulsiva produce una vibrazione. In altre parole, la superficie inizia a muoversi ritmicamente dal basso verso l’alto e viceversa finchè non avrà esaurito l’energia che voi avete trasmesso al momento di percuterla.

Per ragioni di natura fisica (che ometto, in quanto richiedono la conoscenza delle equazioni differenziali), la vibrazione “elementare” ha una struttura sinusoidale (i.e., y = sin(x)), così come mostrato nel seguente diagramma:

Con il passare del tempo, il movimento procede da un minimo negativo a un massimo positivo. Nella realtà, la forma non è propriamente sinusoidale, ma più precisamente sinusoidale con smorzamento esponenziale. Nulla di complicato! Significa soltanto che il movimento diventa sempre più piccolo sino a fermarsi quando l’energia si esaurisce.

Questo movimento della superficie, come è facile capire, spinge ritmicamente le molecole dell’aria, generando quella che in gergo viene definita “onda di pressione”. Le molecole più vicine, infatti, una volta spinte in avanti, urteranno le molecole un pò più distanti, imprimendo una forza che le farà muovere a loro volta. Questo processo si ripeterà molto rapidamente (nell’aria a 20 °C, la velocità di propagazione è di circa 343 m/s), arrivando a sollecitare i vostri timpani e quindi a udire il suono.

Che cosa sono gli armonici?

In un certo senso, ho già dato la risposta a questa domanda, ma permettemi un veloce flashback. Ricordate quando ho detto che il problema di natura fisica richideva l’uso di equazioni differenziali? Indipendentemente dal fatto che sappiate o meno cosa siano, tenete bene a mente che la soluzione di questa equazione è quella che comunemente viene chiamata funzione d’onda e ha la seguente forma semplificata e in una dimensione:

Equazione delle onde piane, ovvero degli armonici

A(x, t) prende il nome di “onda” perchè è una funzione che varia e si propaga sia nello spazio che nel tempo. Se fissate un punto x, la funzione divverrà esattamente come il grafico che ho mostrato in precedenza A(x) = F · cos(wt + d). Analogamente se fissate un istante temporale, vedrete che in ogni punto dello spazio la funzione assume un valore diverso. Nonostante questo piccolo sforzo di matematica, che vi invito ad associare all’immagine delle onde del mare, sappiate che questo è proprio un armonico!

Quelli che noi chiamamo suoni armonici altro non sono che pure onde sinusoidali a una certa frequenza. A questo punto, potreste chiedervi cosa ci sia di così particolare ed è quindi giunto il momento di parlare di timbro strumentale.

Il timbro e la ricchezza di armonici

Nel precedente paragrafo, abbiamo capito che un armonico è un’onda sinusoidale. Dunque, vi chiedo, esistono diversi possibili suoni armonici a parità di frequenza? Cioè, supponendo che ogni strumento possa produrre armonici puri, un La a 440 Hz prodotto da un pianoforte e quello di un violino saranno distinguibili? Come potete capire facilmente, la risposta è negativa. Non esistono, infatti, elementi caratteristici che possono far distinguere due onde sinusoidali alla medesima frequenza (a parte lo sfasamento, che è comunque un elemento secondario).

Ma allora perchè un Do suonato su una chitarra classica con corde in nylon e lo stesso Do emesso da un clarinetto sono così chiaramente distinguibili? La risposta è molto semplice: ogni strumento possiede una gamma timbrica personale che lo distingue (entro certi limiti) dagli altri. Va bene, il ragionamento sembra corretto, ma esattamente cos’è il timbro?

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I suoni reali sono molto più ricchi di quanto si pensi

Immagine di suonare il Do centrale del pianoforte, cosa pensate di emettere? Un singolo armonico? No. Ciò che è stato scoperto è che l’emissione di un certo suono con mezzi non eccessivamente (e spesso volutamente – come nel caso del diapason) poveri, produce una sequenza di armonici, la cui struttura è costante. Nel caso di Do, si avrà:

Sequenza degli armonici di ordine superiore partendo dal Do
Sequenza degli armonici di ordine superiore partendo dal Do. L’asse orizzontale indica la frequenza che aumenta progressivamente.

Ovviamente, la nota di partenza non ha alcuna importanza. Ciò che conta sono gli intervalli, pertanto possiamo osservare che:

  • La nota fondamentale è Do (frequenza = f)
  • Il primo armonico è il Do un’ottava sopra la fondamentale (frequenza = 2f)
  • Il secondo armonico è la quinta giusta (Sol) dopo la prima ottava (frequenza = (3/2)2f)
  • Il terzo armonico è ancora il Do due ottave sopra la fondamentale (frequenza = 4f)
  • Il quarto armonico è la terza maggiore (Mi) sopra la seconda ottava (frequenza = (5/4)4f)

Questa struttura si ripete in modo regolare per qualsiasi strumento, ma ciò che cambia è l’ampiezza e lo sfasamento di ciascun armonico. In altre parole, un suono reale è da pensare come la somma (infinita) di termini sinusoidali che divengono sempre più piccolo man mano che la frequenza aumenta e le cui caratteristiche di ampiezza variano in base al mezzo usato per produrre il suono.

Di conseguenza, l’onda reale (dovuta alla sovrapposizione di armonici) non sarà più sinusidale, ma avrà un andamento, per esempio, simile a quello mostrato nel seguente diagramma, dove ho considerato un La a 440 Hz, seguito da quattro armonici e un termine di rumore dovuto alle imperfezioni dei mezzi:

La curva è molto più frastagliata e irregolare, ma sono proprio queste irregolarità a permettere di ottenere i suoni caldi, vetrosi, metallici, etc. che gli interpreti cercano durante le loro performance. Se si suonassero soltanto armonici, il risultato sarebbe simile piò o meno a quello di un fischio o di un sibilo, un effetto talvolta desiderato in particolari momenti (come, ad esempio, in una sezione del Capriccio n. 24 di Paganini), ma di certo non per un’intera composizione.

L’analisi spettrale per comprendere meglio il ruolo degli armonici

Per rendersi conto del contributo dei singoli armonici, si può effettuare un’analisi in frequenza (i.e., spettrale) del suono prodotto da uno strumento. Nel caso dell’onda mostrata in precedenza, il risultato è il seguente:

Come si può vedere, il diagramma presenta un picco alla frequenza della fondamentale (i.e., La a 440 Hz), seguito da un successivo picco di ampiezza minore per l’ottava e così via, sino a un picco spurio ad alta frequenza dovuto al rumore (generalmente ridotto al minimo nell’esecuzioni reali). La “forma” di questi picchi (insieme alla fase che, in questo caso, per semplicità, è stata omessa), determina la caratteristica timbrica dello strumento e, colta dall’orecchio, permette immediamente di distinguere un banjo da un trombone o un violino da un timpano.

Brevissima divagazione di armonia

Chi ha studiato le basi dell’armonia, sa bene che la triade di Do Maggiore è composta da una terza maggiore (Do – Mi) seguita da una terza minore (Mi – Sol). Osservando la sequenza di armonici mostrata in precedenza potreste, se non l’avete già fatto, rendervi conto del perchè gli intervalli di unisono, ottava e quinta giusta siano chiamati “consonanze perfette” (sono i primi 3 suoni della sequenza) e perchè l’intervallo Do – Mi sia anch’esso una consonanza.

La discussione è troppo lunga per essere trattata in un paragrafo, ma è sufficiente rendersi conto che la triade maggiore è “figlia” della sequenza di armonici emessi dalla fondamentale, mentre, fatto che potrebbe sorprendere molti lettori, la triade minore (e.g., Do – Mi♭ – Sol) è del tutto artificiale, in quanto l’intervallo di terza minore – a partire dalla fondamentale – non compare nei primi armonici)! Questa è anche la ragione per cui le tonalità minori sono state per parecchio tempo guardate non di buon occhio.

Conclusioni

Spero che l’articolo abbia permesso di chiarire cosa sono i suoni armonici e di comprenderne l’importanza nella valutazione timbrica e nella scelta di un organico orchestrale adeguato a particolari circostanze. Nei prossimi articoli, spiegherò come ottenere i suoni armonici sulla chitarra classica e, in quell’occasione, vedremo anche come lo stesso strumento possa generare un gamma timbrica molto varia. Qualora abbiate domande o desiderate proporre argomenti da trattare, vi prego di contattarmi tramite l’apposito form. Sarò lieto di rispondervi e di prendere in considerazione le vostre proposte!

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