440 o 432 Hz? E’ solo questione di… bufale!

In questo breve articolo, desidero chiarire (cosa, per altro, già ampiamente fatta da molti scienziati) cosa c’è di vero nei presunti benefici di un’intonazione a 432 Hz rispetto allo standard moderno di utilizzare un La a 440 Hz. Senza inutili preamboli, posso già anticipare che le teorie pseudo-scientifiche a supporto dei 432 Hz sono, come quasi sempre accade, il prodotto di gente che desidera inventare complotti e ogni altra forma di menzogna collettiva solo per soddisfare un ego evidentemente non molto gratificato dalla vita quotidiana.

In poche parole, sono solo palesi bufale che, al pari di chakra e varie energie cosmiche, vanno a riempire le pagine di libri che, ahimè, vendono più di Guerra e Pace di Tolstoj. Come vedremo, la sola idea su cui tali presunte verità fondano le loro basi è fallace, smentita dalla storia e priva di qualsivoglia supporto sperimentale o fisico-teorico.

Ma che ci vogliamo fare? D’altronde, la terra è piatta, il polo sud, a delimitare i confini del cerchio, è controllato da centinaia di milioni di soldati americani (perchè solo americani?) e, perfino le povere nuvole, quando formano qualli che la metereologia chiama formalmente “cirri”, vengono di forza elette a “scie chimiche”, il cui scopo, ignoto e misterioso, sarebbe quello di provacare… (ed. vi prego venitemi in aiuto!)… la normalità!

Un pubblico che sghignazza pensando alla bufala dei benifici legati all'intonazione di 432 Hz invece di 440.

Primo punto: perchè (se esiste una ragione) il La è intonato a 440 o 432 Hz?

Se vi chiedessi perchè un’onda elettromagnetica a frequenza di 520 THz viene chiamato “giallo”, cosa rispondereste? Convenzionalmente! Lo spettro del visibile è un intervallo continuo che va dal limite superiore dell’infrarosso al limite inferiore dell’ultravioletto. Per ragioni di natura neuroscientifica, la nostra percezione visiva ci porta a distinguere quelli che chiamiamo “colori”, a cui, per svariate ragioni sono stati dati dei nomi propri.

Se poi vogliamo proprio essere pignoli, non esiste nemmeno il “giallo”, in quanto, un’intervallo di circa 10 THz contiene tutte le sfumature di ciò che collettivamente viene definito giallo. Ovviamente un linguista potrebbe risalire all’origine di un sostantivo, ma ciò servirebbe solo a capire per quale associazione di idee, si è definito un certo nome invece di un altro. Nulla più.

In modo del tutto analogo, i nomi delle note musicali sono assolutamente convenzionali e, per di più, nemmeno così stabili nel tempo. A parte questioni di accordatura che non posso discutere in questa sede, durante il barocco, il La aveva una frequenza approssimativamente intorno a 415 Hz, fermo restando che non esistevano strumenti di precisione e se un diapason produceva un suono a 416 Hz, nessuno ci avrebbe fatto caso. Questo ci porta al secondo punto, che vede protagonista Mozart, citato dai conoscitori di questa disciplina occulta, per essere un sostenitore dei 432 Hz.

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Mozart a 432 Hz… o 420… o magari 421 Hz?

Partiamo da una verità storica: il La ai tempi di Mozart era generalmente accordato a una frequenza più alta rispetto a quella del periodo barocco. Più o meno a 420 Hz. Ma perchè “più o meno”? Lo ripeto: non esistevano strumenti di precisione e gli errori più trascurabili non erano rilevabili praticamente in alcun modo. Supponiamo, per esempio, che la frequenza candidata fosse 420 Hz, ciò significa che l’ottava superiore è a 840 Hz e che quindi, usando il temperamento equabile, il primo semitono avesse una frequenza base di 420 * 1.05945 ≈ 445 Hz, cioè circa 25 Hz più alto della nota di riferimento . Ciò significa che il La# avrebbe una frequenza di 445 Hz e così via.

Pensate davvero che 1 / 25 di semitono fosse distinguibile? E’ vero che Mozart era dotato di un orecchio sopraffino, ma qui stiamo parlando di scarti che gli accordatori elettronici spesso non rilevano! Se quindi, in un orchestra, si fosse deciso di accordare alla fatidica frequenza di 432 Hz, pensate davvero che tutti gli strumenti avrebbero potuto produrre un La a tale frequenza? Il risultato più ovvio sarebbe stato un intervallo centrato intorno a 432 Hz, con un’ampiezza tanto piccola quanto più accurato fosse l’orecchio del direttore.

In altre parole, la sola idea che si potesse accordare uno strumento con precisione infinitesimale a 432 Hz è semplicemente ridicola. Ma i sostenitori della teoria non si arrendono così facilmente e affermano che piccoli scarti sono accettabili. Bene, mi sia permesso di porre una domanda: quanto piccoli? Visto che stiamo parlando di matematica, possiamo usare i numeri, quindi facciamolo!

Accordarsi (approssimativamente) alle frequenze cosmiche (imprecise)

Ripetiamo l’esperimento di prima. Se l’ottava è ampia 432 Hz, il primo semitono ha una frequenza di 432 * 1.05945 ≈ 457.7 Hz e la sua ampiezza è pari a circa 25.7 Hz. Il quarto di tono è ampio circa 12.65 Hz, Un’ottavo di tono è ampio circa 6.28 Hz, etc. Quindi il suono che si trova un quarto di semitono sopra il La ha una frequenza di circa 438.3 Hz. Supponiamo uno scarto di 3 Hz, spostandoci quindi dalla frequenza magica alla quella nefasta di 435 Hz. Lo stesso suono microtonale di prima avrà adesso una frequenza di circa 441.33 Hz. Lo scarto è di 3.03 Hz che, in termini relativi diventa 3.03 / 435 ≈ 0.7%.

Questo livello di imprecisione è concreto e misurabile e, se si trattasse di un valore necessario per mandare un razzo in orbita, potrebbe portare a conseguenze molto gravi, ma nel caso della musica, il recettore è l’orecchio umano che, nella migliore delle ipotesi può percepire i quarti di tono a frequenze non troppo basse (ricordo che l’ampiezza dell’ottava è proporzionale alla frequenza della fondamentale), ma avrebbe serie difficoltà a distinguere variazioni più piccole.

E’ vero che alcuni grandi esecutori notavano imperfezioni sonore generalmente trascurate dai più, ma si trattava spesso di “sporcizia” dovuta a malfunzionamenti delle meccaniche o a problemi strutturali simili (e.g., un archetto difettoso o una corda arrugginita). Io stesso, da chitarrista classico, percepisco chiaramente quando un suono “gratta” perchè l’unghia non è perfettamente liscia, ma ciò non significa che sia in grado di distinguere uno scarto di 3 Hz in un La a 435!

Inoltre, è bene ricordare che, nel caso delle orchestre, gli strumenti sono molti e raramente suonano in modo isolato. Se pertanto i primi violini hanno accordatore che vanno da 430 a 435 Hz, l’effetto complessivo di un La sarà percepito più o meno come un suono centrato sulla frequenza di 432.5 Hz.

432 Hz vs. 440 Hz: frequenze cosmiche vs. … (riempite voi i puntini)

Il periodo di rivoluzione della Terra attorno al Sole è di circa 31556928 secondi (equivalente a 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 48 secondi). Questo numero non ha nulla a che vedere con 432. Analogamente per il periodo di rotazione della Terra e così per mille altri fenomeni fisici. Il battito cardiaco umano varia più o meno da 1 a 2 Hz (60 – 120 bpm).

La gestazione umana dura circa 9 mesi, ovvero mediamente 270 giorni. Per non parlare della miriade di numeri irrazionali presenti in natura. Il Pi greco, il numero di Nepero, la sezione aurea, etc. E’ evidente che nulla può portare facilmente a questo bellissimo valore intero pari a 432, che può sì comparire (magari seguito da una sfilza di decimali), ma esattamente come tantissimi altri numeri.

Conclusioni

La scelta di accordare il La a 440 Hz è puramente convenzionale e basata solo sulla necessità di avere un riferimento condiviso che eviti scelte arbitrarie e renda quindi uguale il risultato sonoro della musica. Si sarebbe potuta adottare la frequenza di 432 Hz o 435, 442, etc. Tutto ciò non ha alcuna importanza o conseguenza, se non quella di ascoltare gli stessi brani a frequenze leggermente più gravi o più acute, nulla di più.

I presunti benefici alla salute sono illazioni prive di ogni fondamento, da stigmatizzare senza remore. Invece di rifugiarsi nei vaticini imbevuti di sacre dottrine tanto fantasione quanto arbitrarie, consiglio vivamente il sano studio convenzionale, fatto di sacrifici, lavoro, difficoltà, ma, anche certezze ben più solide. Buon ascolto a tutti!

Per approfondire il legame tra musica e matematica

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La musica dai numeri. Musica e matematica da Pitagora a Schoenberg
  • Quello tra musica e matematica è da sempre un dialogo fitto e profondo
  • Secondo molti studiosi le composizioni di Bach sono governate da una logica matematica, e Stravinskij ha ravvisato un'affascinante prossimità tra le due discipline
  • Stockhausen è andato oltre, scrivendo musica esplicitamente basata su principi matematici
  • Ma non è tutto, sostiene Eli Maor, perché tra note e numeri le influenze sono reciproche e il loro rapporto, per questo, ancora più stimolante
  • Pitagora e il legame tra musica e geometria, la curiosa simultaneità tra la teoria della relatività di Einstein e la musica dodecafonica di Schoenberg, la tanto dibattuta teoria delle stringhe, che si mettono a vibrare come le corde di un violino; sono tutti tasselli di uno straordinario racconto che vede protagonisti compositori, scienziati, inventori e semplici stravaganti


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